storie di cinema


i fotografi di scena

 

Nel 1901 venne scattata una fotografia della scena di un film, che veniva girato a New York nel piccolo studio Edison. Era destinata a illustrare un articolo di un giornale tedesco sulla nuova invenzione del cinema e fu la prima foto di scena della storia, cioè una fotografia scattata appositamente su un set, con gli attori che stanno recitando e non un fotogramma ingrandito, preso dalla pellicola per reclamizzare e illustrare il film sulle locandine e nella  pubblicità sui mezzi di informazione.

Da allora è passato più di un secolo e sono state scattate milioni di fotografie di scena, ma quasi tutte hanno una cosa in comune con la prima: almeno fino al 1928 non si conosce il nome del fotografo. La scarsa considerazione per i fotografi di scena, fuori dall’ambiente cinematografico è una sorta di riflesso di come sono stati trattati nei primi anni dall’industria cinematografica stessa.

Sui set venivano tollerati o addirittura considerati dei seccatori dalla maggior parte dei  registi, nonostante fosse noto a tutti quanto importante era il loro lavoro. Illustrare le scene salienti di un film, che venivano esposte all’esterno delle sale cinematografiche per invogliare il pubblico a comprare il biglietto. Solo Cecile De Mille e pochi altri registi li accoglievano come dei veri e propri collaboratori la cui opera aveva una utilità importantissima che finalizzava il lavoro di tutti.

Nel 1918 il fotografo di scena era già un mestiere a sé stante, una specializzazione ben definita e le fotografie non venivano più scattate dagli operatori cinematografici o dai loro assistenti in modo occasionale. I fotografi erano degli inviati degli uffici di pubblicità e avevano una precisa missione: quella di realizzare fotografie che documentassero fedelmente la realtà del film, senza artifici.

Questi anonimi artisti divennero i più importanti testimoni della storia del cinema, perché la documentavano giorno dopo giorno, mentre la storia stessa si stava scrivendo. Autentici pionieri del fotogiornalismo erano sempre in prima linea, affrontavano gli stessi rischi e le stesse difficoltà degli operatori quando si girava in esterno, lontano dagli studi. Nelle riprese di scene complicate, pericolose, in mezzo a mandrie di buoi impazzite, tra i cavalli al galoppo durante una carica, arroccati sui fianchi di montagne, sul ciglio di burroni, il fotografo di scena era lì, vicino all’operatore a cogliere l’immediatezza dell’azione, a realizzare immagini che dovevano creare un’aspettativa impaziente nel pubblico, un desiderio impellente di vedere il film.

Con le foto di scena, venivano anche realizzate fotografie che ritraevano la troupe al lavoro o gli attori, i divi, nei momenti di pausa. Ma la cosa più sorprendente è che questa vastissima documentazione di immagini è spesso l’unica testimonianza di film che si sono perduti in incendi o che sono stati irrimediabilmente danneggiati da inondazioni, terremoti, cataclismi di ogni genere. Pensate tutto quello che può capitare in tanti anni.

Esistono quindi delle foto di scena che sono l’unica testimonianza storica di film perduti. John Kobal, uno dei più famosi ritrattisti dei divi di Hollywood, scrive: “Ricordo ancora la rivelazione che fu per me il libro di Richard Griffith e Arthur Mayer The Movies quando fu pubblicato. Meravigliose riproduzioni di stampe originali facevano rivivere le opere dei pionieri del cinema.

Vedendo quelle immagini la storia del cinema, della quale allora non sapevo nulla, assunse ai miei occhi una forza e un dinamismo pari a quella dei film contemporanei dei quali allora mi occupavo esclusivamente” Ma chi erano quei fotografi? Fino al 1928 non esistono praticamente documenti che ci dicano quali fotografi lavorarono per quali film. Pensate che su ogni set, anche se si usavano fino a dieci macchine da presa per riprendere certe scene, c’era sempre e solo un fotografo di scena. Le maggiori case di produzione impiegavano solo 4 o 5 di loro, nonostante producessero una settantina di film all’anno.

Per lo stesso John Kobal che ha cercato di ricostruire la storia e identificare lo stile dei vari fotografi l’impresa è stata ardua. Su alcune stampe fotografiche c’era di rado un timbro che identificava l’autore, ma la cosa estremamente difficile è stato identificare il fotografo basandosi sulle tecniche personali di illuminazione. Sui set, il fotografo doveva utilizzare le luci di illuminazione della macchina da presa, non poteva creare una illuminazione a suo gusto personale, quindi risulta difficile individuare uno stile.

Ma a prescindere dalla paternità di certe immagini resta un elemento sicuro, la passione e la perizia di questi grandi professionisti nel realizzare fotografie meravigliose nelle condizioni più difficili, con apparecchi pesanti e con pellicole di bassa sensibilità. Il loro lavoro ha contribuito  a migliorare le tecniche di ripresa, in certi utilizzate dagli stessi operatori cinematografici.

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