storie di cinema


divi senza nome

 

Nei primi anni del novecento i grandi divi dello spettacolo erano gli attori di teatro e i cantanti lirici. I più importanti produttori cinematografici, quelli dei Trust, che possedevano i brevetti, volevano assolutamente evitare il divismo, che li avrebbe costretti a pagare agli artisti cifre da capogiro. All’epoca non venivano svelati i nomi degli attori del cinema, qualcuno era conosciuto con indicazioni generiche o con qualche pseudonimo, ma niente che desse loro il minimo potere contrattuale.

A contrastare il monopolio dei Trust iniziarono a nascere piccole case di produzione indipendenti, disposte a tutto pur di conquistare uno spazio nel mondo del cinema. Nel 1910 quando comparve su alcuni importanti quotidiani la notizia della morte della “ragazza della Biograph” l’anonimato degli attori cominciò a vacillare. Quella che veniva banalmente identificata come la “ragazza della Biograph” ebbe finalmente un nome: Florence Lawrence. Il pubblico rimase molto colpito dalla notizia, il dolore era tangibile nelle strade come negli articoli che venivano pubblicati dalla stampa. Fu però una costernazione di breve durata, perché la Lawrence non era affatto morta, anzi stava benissimo.

Il produttore indipendente Carl Laemmle, di origine tedesca, riuscì con questo stratagemma a portarla via ai Trust facendola rinascere con un nuovo nome: “la ragazza della IMP” cioè della Indipendent Motion Picture Company. Di sicuro era stato lui stesso a divulgare la falsa notizia, consapevole dell’impatto che avrebbe avuto sul pubblico e del doppio effetto che avrebbe prodotto svelare che “qualcuno” aveva avuto il cattivo gusto di divulgare una falsa notizia di quella portata. Ora Carl Laemmle poteva rilasciare interviste in cui smentiva la morte di Florence Lawrence, creando attorno al suo personaggio grande interesse. La Biograph riuscì a mantenere l’anonimato dei suoi artisti ancora per tre anni.

Gli attori che lavoravano con il regista David Wark Griffith erano amati dal pubblico nonostante l’anonimato, così quando la Lawrence lasciò la Biograph la si dovette sostituire. Mary Pickford era il personaggio ideale, il suo modo di recitare semplice e credibile e il suo senso dello humor incantavano la gente. Così nel 1913 venne identificata sui titoli di testa dei film come “Little Mary”. Cominciarono ad arrivare offerte più allettanti da parte di case di produzione indipendenti e nonostante la resistenza dei grandi produttori, ormai il sistema cominciava a scricchiolare. Dall’Europa, in particolare dall’Inghilterra, volevano conoscere i nomi degli interpreti della Biograph, che rispose facendo un piccolo, assurdo compromesso: non rivelò i nomi veri, ma degli pseudonimi.

Una sciocchezza, perché ormai le cose stavano cambiando e lo sfruttamento degli attori era giunto al termine. E così in poco tempo altre case di produzione dovettero cedere e rivelare i nomi dei loro artisti, in caso contrario li avrebbero persi, allettati da contratti più vantaggiosi e dalla conseguente notorietà che prima veniva loro negata.

 

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